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Carlo Ramous (1926-2003), protagonista trascurato della scultura italiana del secondo novecento, ha attraversato in pieno le fasi cruciali dell'arte moderna approdando, all'inizio degli anni settanta, alla dimensione dell'opera d'arte ambientale. Dopo il restauro di un significativo nucleo di grandi sculture, in parte collocate in luoghi pubblici milanesi, il volume ripropone il percorso dell'artista nella sua ampiezza e problematicità, mostrando tutti i passaggi della sua evoluzione stilistica e poetica. Fin da giovanissimo Ramous strinse un proficuo sodalizio con architetti e progettisti che gli consentì di realizzare, già nella seconda metà degli anni cinquanta, alcuni significativi interventi scultorei applicati all'architettura religiosa e industriale: le facciate delle chiese alla periferia di Milano e gli stabilimenti di nuova costruzione in Italia e all'estero divennero il campo di grandi decorazioni istoriate od ornamentali in tutt'uno con l'edificio. È negli anni settanta, però, che l'artista giunse a una articolata concezione ambientale della scultura, che abbandona le precedenti ricerche sul segno e sulla materia per dare respiro a forme geometriche dai profili nitidi che si articolano nello spazio con ardito calcolo degli equilibri. Riflettendo sui volumi plastici secondo idee già futuriste, Ramous aveva da subito concepito la scultura come forma pronta a staccarsi da terra per librarsi nello spazio. Come scrisse Giuseppe Marchiori nel 1973, "i netti profili delle sculture di Ramous devono disegnarsi in uno spazio ampio: per esempio nello spazio del 'paesaggio' urbano. Esiste un singolare rapporto tra queste 'sigle' monumentali e lo sfondo anonimo delle periferie cittadine".